Anello Cascina Sant’Andrea – Cappella Crocetta

Foto di Emilio Milanesio
Foto Archivio Emilio Milanesio
Foto di Emilio Milanesio
Foto Archivio Emilio Milanesio

Le acque

Il territorio del percorso presenta una rete di canali e bealere che da secoli irrigano la vasta superficie che si stende tra la via Vecchia di Cuneo e la sponda sinistra orografica del torrente Gesso.

I corsi d’acqua principali sono:

  • 1 – CANALE PRAVERO, che si articola in:
    • “PRAVERO BASSA”, di cui usufruiscono 48 utenti per una superficie irrigata di 38 ettari; ha inizio nei pressi della strada Borgo – Boves, oltrepassa Cascina S. Andrea, sottopassa la ferrovia Cuneo-Ventimiglia-Nizza e, con tracciato che segue in parte la base del rilevato ferroviario, giunge nei pressi di Cascina Landra e poi di Tetto David, dove si immette nella Bealera Piattonea.
    • “PRAVERO ANGELERO”, di cui usufruiscono 82 utenti per una superficie irrigata di 56 ettari; ha inizio nei pressi dell’ex segheria Gribaudo, lungo via Vecchia di Cuneo, prosegue in posizione parallela alla Bealera Grossa fino in prossimità del Martinetto del Rame, quindi devia in direzione ortogonale spostandosi sul ciglio superiore della ripa del Gesso dove raggiunge Tetto Bidetti passando sul retro del vecchio acquedotto di Cuneo.
  • 2 – BEALERA PIATTONEA, di cui usufruiscono 55 utenti per una superficie irrigata di 101 ettari; ha inizio in prossimità dell’ex ponte di ferro ferroviario e bagna il terrazzo fluviale a valle dei Tetti Landra, David, Talun e Bisotto.
  • 3 – BEALERA DAVID, di cui usufruiscono 28 utenti per una superficie irrigata di 39 ettari; inizia nelle vicinanze della presa della Bealera Piattonea e prosegue nei terreni detti gravere lungo l’asta del Gesso.

La superficie irrigata da questi corsi d’acqua comprende terreni seminativi, prati, pascoli, frutteti e vivai di piante.

La storia

Nel medioevo i monaci benedettini dell’Abbazia di San Dalmazzo di Pedona curavano strade e corsi d’acqua ed erano abili nel realizzare canali irrigui che favorirono lo sviluppo agricolo e le cascine di questo territorio (S. Andrea, Landra, David, Bidetti, tenuta Rovasenda).

La costituzione del Consorzio Irriguo Pravero risale al 3 marzo 1403, con atto rogito notaio Pellegrino di Borgo San Dalmazzo.

Il 29 agosto 1429 il Principe Amedeo di Savoia concede di costruire una derivazione della Bealera Grossa (da cui si originava anche il canale Pravero) presso la Crocetta, dalla quale si dipartivano tre corsi d’acqua che irrigavano il pianalto di Cuneo: quello Bonada per i terreni verso il fiume Stura, quello per la città di Cuneo e quello Bodina per i terreni verso il torrente Gesso. Sorsero così controversie sugli antichi diritti tra il Consorzio della Partecipanza, il Comune di Cuneo e l’Abate di Borgo San Dalmazzo, che si conclusero con una sentenza arbitrale del 6 aprile 1431.

Il 6 marzo 1435 vi è la risoluzione di tutte le controversie con il recepimento del compromesso raggiunto con la precedente sentenza arbitrale tra l’Abate di San Dalmazzo e la Partecipanza della Bealera Grossa.

Con Patenti del 6 novembre 1572 il Duca Emanuele Filiberto concede ulteriormente agli uomini di Cuneo il diritto di prelevare a loro esclusivo vantaggio le acque del Gesso e dello Stura come regolamentato in precedenza.

Nei Bandi Campestri borgarini del 1600, del 1709 e 1755 l’uso e la regolamentazione di queste acque era fondamentale per le attività agricole.

Il 17 aprile 1886, con atto notaio Rejnaudi Vincenzo, è stato costituito un Consorzio tra la Bealera Pravero e la Bealera Grossa di Cuneo per la captazione in comune dell’acqua dal torrente Gesso.

Lungo questi corsi d’acqua tra il XIX ed il XX secolo, oltre all’uso agricolo che determinò l’insediamento di fiorenti cascine si sviluppò un uso industriale con insediamento di fabbriche lungo la Via Vecchia di Cuneo. In particolare vi era un Martinetto del Rame funzionante fino alla metà del Novecento nel quale vi erano impiegati 10 operai. Funzionava 4 volte al giorno, producendo ogni volta 4 rubbi e ½ di materia fusa, in tutto 50 rubbi al giorno, 1500 al mese e 18000 all’anno.

Vi erano poi la segheria da marmi di Boffa Carlo, nella quale si lavorava anche il noto e pregiato marmo “bardiglio di Valdieri”, lo stabilimento di tessitura Camagni, la fabbrica Manifattura Ligure Piemontese poi denominata Jutificio di Spezia ed in tempi successivi la segheria Gribaudo.

Immagini dell’interno della Cappella della Crocetta:

L’ambiente agrario

Si premette che sotto l’aspetto pedologico il sito, compreso tra il margine a levante dell’altipiano e la sponda sinistra del Gesso, presenta suoli piuttosto grossolani, con ghiaioni alternati a strati prevalentemente sabbiosi. I terreni sono caratterizzati da un’elevata permeabilità, forte aerazione e una debole capacità di trattenuta idrica.

L’elevata permeabilità fa sì che questi suoli non diano origine a ristagni di umidità, né a difficoltà di smaltimento delle acque meteoriche. Essi sono accessibili ai mezzi meccanici e possono essere lavorati senza difficoltà dopo pochissimi giorni.

Per quanto riguarda i caratteri climatici, dai dati della Stazione Metereologica di Cuneo più prossima al comprensorio (Cascina Vecchia) risulta una criticità, sia per la temperatura che per le precipitazioni, nei mesi da luglio a settembre (particolarmente agosto).

Per quanto riguarda gli aspetti fondiari, in zona è prevalente la piccola impresa agricola, l’agricoltura part time e l’attività hobbistica, accanto ad alcune aziende ben strutturate.

Complessivamente la caratterizzazione agricola del comprensorio, ed il suo andamento tendenziale, è caratterizzata dalla prevalenza dei seminativi, dei prati, con un significativo aumento negli ultimi decenni delle superfici investite a colture orticole (carota di S. Rocco, fagiolo, ecc., frutticole (melo, pesco, castagno da frutto, piccoli frutti quali mirtillo, mora, lampone ecc.) ed anche vivaistiche.

Il comprensorio presenta inoltre una piccola porzione ad orti e giardini, pertinenziali agli enti urbani cui sono annessi.

Per quanto riguarda gli usi dell’acqua, sia in periodo irriguo che in inverno, si osservano, accanto ad usi ormai marginali e/o desueti, quali lo sgombero della neve nelle strade del concentrico di Borgo S. Dalmazzo nel periodo invernale, l’alimentazione delle persone in periodi di prolungata siccità (l’approvvigionamento idrico non è più garantito da pozzi individuali ma da reti di acquedotti comunali o sovracomunali). Nel corso del tempo si sono venute però a creare nuove esigenze, e se ne sono incrementate altre, sia agricole che extragricole.

Ad esempio, per quanto riguarda gli impieghi extragricoli, si ricorda la conservazione delle aree verdi comunali di Borgo S. Dalmazzo, in particolare per attività sportive.

Inoltre, sempre per quanto riguarda il periodo invernale, si evidenzia che la presenza dell’acqua nella rete dei canali riduce il rischio di intasamenti, conseguenti alla manutenzione delle strade, mantenendo libera la rete dei canali, per quanto riguarda in particolare il manto nevoso.

Un altro importante impiego extragricolo è quello del controllo antincendio, possibile per tutta l’area comprensoriale e particolarmente per le zone più vicine al concentrico, per la diffusione quasi capillare della rete dei canali.

Durante l’incendio verificatosi recentemente, il 23 ottobre 2017, sulle colline del Monserrato, data l’estrema difficoltà di impiego del mezzo aereo a causa del forte vento, è stato necessario l’utilizzo dell’acqua consortile, grazie al pompaggio dal canale di adduzione.

Dal punto di vista più propriamente agricolo si evidenzia l’aumento della superficie occupata dalle colture orticole di stagionalità autunno-invernale, in aperto campo.

Tali produzioni hanno anche avuto un aumento grazie alla diffusione dei tunnel mobili. Questi assicurano la continuazione delle pratiche colturali anche nei periodi iemali, caratterizzati da un notevole abbassamento della temperatura. Quest’ultima modalità di coltivazione è anche legata alla prevalente presenza sul territorio della già citata piccola impresa agricola, e del part time farming.

In particolare la coltivazione in pieno campo delle carote è caratterizzata da semine scalari che consentono una raccolta protratta per alcuni mesi, utile sia per motivi di mercato, sia perché consente un reddito più sicuro per gli agricoltori, evitando l’intasamento massiccio del prodotto in periodi ristretti di tempo, con conseguente crollo dei prezzi.

Inoltre l’acqua dei canali viene utilizzata per un primo lavaggio di sgrossamento delle carote, e marginale resta l’impiego per l’abbeveraggio del bestiame.

L’irrigazione invernale delle superfici foraggere, un tempo più diffusa, è oggi diventata del tutto marginale, mentre è aumentato l’uso dell’irrigazione a fine inverno sui campi seminati a grano ed orzo, per rendere più rapida la fusione della neve ed accelerare la ripresa vegetativa.

Passando ad argomenti più generali, il fluire dell’acqua nei canali nel periodo invernale facilita la manutenzione degli stessi garantendone il mantenimento dell’impermeabilità, mentre sul piano ambientale/paesaggistico garantisce un paesaggio molto gradevole, anche legato alla presenza di filari di piante arboree che tipicamente accompagnano lo scorrere dell’acqua (salice bianco, pioppo, ed altre essenze).

Fauna Ittica

La fauna ittica dell’area del torrente Gesso risente pesantemente delle secche estive ricorrenti: quasi ogni estate si registrano delle nette diminuzioni di portata, fino alle secche totali che possono perdurare anche per mesi interi. Si tratta dell’effetto combinato delle captazioni eccessive a monte, per alimentare i canali e le irrigazioni nei campi di pianura, e delle siccità estive che, con poche eccezioni, hanno colpito con una certa regolarità tutto il cuneese. Di conseguenza, la popolazione ittica di questo tratto del Gesso viene completamente cancellata ogni anno e deve ricostituirsi in autunno con nuovi arrivi da monte o da valle.

È diversa, invece, la situazione dei canali, che, per quanto possibile, vengono mantenuti attivi: qui si possono sviluppare popolazioni di piccoli pesci quali, ad esempio: Sanguinerola (Phoxinus phoxinus), Alborella (Alburnus arborella), e soprattutto Vairone (Telestes muticellus), il cosiddetto Stri. Si tratta di pesci che mantengono piccole dimensioni anche da adulti, e sono abbastanza diffusi e comuni nei nostri corsi d’acqua. Spesso sviluppano piccole popolazioni nei laghetti irrigui, dove giungono grazie ai canali di alimentazione.

Anche nei nostri fiumi si avverte il grave problema delle specie aliene: i pesci provenienti da altri ecosistemi e immessi nei nostri reticoli idrografici trovano spesso condizioni ideali per svilupparsi a spese delle specie autoctone. Privi dei predatori e dei competitori naturali, possono aumentare di numero in pochissimo tempo fino a causare la riduzione o la scomparsa dei nostri pesci: un esempio è il Persico sole (Lepomis gibbosus), un pesce americano molto vorace, immesso in Italia per supportare la pesca sportiva fin dalla fine dell’800, ed ormai ampiamente diffuso.Anche la Carpa a specchi (Cyprinus carpio), originaria dell’Europa orientale e dell’Asia, si vede frequentemente, soprattutto nei laghi irrigui. Nel fiume le specie aliene più impattanti sono la locale Trota fario (Salmo trutta) e l’americana Trota iridea (Oncorhynchus mykiss), che possono ibridarsi con la rara Trota marmorata (Salmo marmoratus), specie preziosa e da tutelare, di cui il Gesso e la Stura sono l’habitat naturale. A volte nei nostri fiumi si incontrano anche il Barbo canino (Barbus meridionalis), il Cobite comune (Cobitis bilineata), la Tinca (Tinca tinca), ancora presente in buon numero, lo Scazzone (Cottus gobio), detto “bota”, un piccolo pesce di fondo protetto a livello europeo, e il Triotto (Rutilus aula), mentre nei tratti più a valle è presente il Cavedano (Squalius squalus).

È importante prendere consapevolezza dei fragili ecosistemi acquatici, di solito poco conosciuti e poco “visibili”, per evitare che delle specie un tempo diffuse e comuni possano scomparire, com’è successo al Temolo (Thymallusthymallus), che fino alla seconda metà del ‘900 era molto comune nei nostri fiumi, ed oggi vi è quasi del tutto estinto.

Cottus-gobio – CC4.0 Hans Hillewaert
Trota ibrido fario marmorata

Vegetazione fluviale

I boschi fluviali sono ambienti preziosissimi che funzionano come “corridoio ecologico” per animali in migrazione, che seguono le aste fluviali durante i passi pre e post riproduttivi. Rappresentano inoltre un rifugio per la fauna minore come rettili, anfibi, piccoli mammiferi e insetti xilofagi (come il Cervo volante – Lucanus cervus). Sono un importante filtro ecologico per la segregazione della CO2, mitigano gli sbalzi termici e attenuano l’erosione delle sponde nelle zone prossime al fiume. Intorno ai boschi si sviluppa di solito una fascia arbustiva che rappresenta le siepi naturali, oggi sempre più rare, importanti per collegare fra loro ambienti frammentari come i boschi stessi, accompagnando anche il percorso dei canali.

Il tipico bosco della pianura Padana, un tempo diffuso ovunque, è il querco–carpineto planiziale: composto di querce come le Farnie (Quercus robur) e di Carpini (Carpinus betulus), è andato via via riducendosi man mano che la pianura è stata coltivata. Nella zona del torrente Gesso sono frequenti i boschetti d’invasione di Frassino (Fraxinus excelsior) con Ontano nero (Alnus glutinosa), Pioppo bianco e nero (Populus alba, P. nigra), e nelle zone più vicine all’acqua, Salici bianchi (Salix alba). Le siepi rappresentano il confine fra bosco e campi: l’ambiente è detto ecotono e può ospitare animali di entrambi gli ecosistemi. In primavera appaiono le fioriture bianche del Prugnolo (Prunus spinosa) e del Biancospino (Crataegus monogyna), di solito inframezzate da Fusaggine, detta Berretta da prete (Euonymus europaeus), Nocciolo (Corylus avellana), Rosa canina (l’antenata di tutte le rose domestiche), Sambuco (Sambucus nigra).

Lungo il Gesso non è raro vedere il Viburno (Viburnus lantana) e il Ligustro (Ligustrum vulgare), dai profumatissimi fiori bianchi. Un tempo erano molto diffusi i Gelsi, di cui si raccoglievano le foglie per l’allevamento dei bachi da seta: oggi non viene più coltivato e i tipici filari capitozzati, così caratteristici del nostro paesaggio, diventano sempre più rari. Anche nel mondo vegetale ci sono specie aliene che rubano spazi a quelle autoctone, per esempio l’americana Gaggia (Robinia pseudoacacia), da cui si ricava l’ottimo miele d’acacia, o l’Ailanto (Ailanthus altissima), specie asiatica molto invasiva. Sul greto si vede facilmente il Poligono del Giappone (Reynoutria japonica), dalla velocissima crescita.

Quercia farnia
Biancospino